quarta-feira, 2 de fevereiro de 2011

Fora da Igreja não há salvação?!

Estes dias recebi o desafio de subscrever (ou não) o IV Concílio de Latrão, que foi uma das oportunidades em que a Igreja Católica definiu dogmaticamente que Extra Ecclesiam nulla salus, ou seja, fora da Igeja não há salvação. Já escrevi longamente a respeito disso no livro TEOLOGIA DA SOLIDARIEDADE, publicado por Edições Loyola. Porém, alguns insistem em pedir uma afirmação categórica de minha parte. É CLARO QUE SUBSCREVE EM GÊNERO, NÚMERO E GRAU ESTA AFIRMAÇÃO DO CONCÍLIO DE LATRÃO. Além disso, subscrevo também a interpretação oficial desta fórmula pelo recente Magistério da Igreja, seja o Concílio Vaticano II (que é um Concílio Pastoral, o que não significa que pudesse entrar em contradição com os dogmas anteriores), seja encíclicas como Redemptoris Missio ou Ut Unum Sint, ambas de João Paulo II.
Aliás, este santo Padre, fez um interessante pronunciamento sobre esta questão no dia 31 de maio de 1995. Era uma audiência de quarta-feira. Publico a íntegra no original, em italiano, e traduzo apenas um trecho central. Reafirmo que subscrevo cada palavra do Santo Padre, e exorto todos os meus leitores a fazerem o mesmo.
4. Já que Cristo realiza a salvação mediante seu Corpo, que é a Igreja, a via da salvação é essencialmente ligada à Igreja. O axioma Extra Ecclesiam nulla salus – “ffora da Igreja não há salvação” –, enunciado por São Cipriano (Epist 73,21: PL 1123 AB), pertence à tradição cristã e foi inserido no Concílio de Latrão (Denz.-S. 802), na bula Unam Sanctam de Bonifacio VIII (Denz.-S. 870) e no Concilio de Firenze (Decretum pro Jacobitis, Denz.-S. 1351).
O axioma significa que para aqueles que não ignoram que a Igreja foi fundada por Deus por intermédio de Jesus Cristo como necessária existe a obrigação de entrar e de perseverar nela para obter a salvação (cf. Lumen Gentium 14). Para aqueles que, ao invés, não receberam o anúncio do Evangelho, como escrevi na Encíclica Redemptoris Missio, a salvação é acessível por meio de uma via misteriosa enquanto a graça divina vem a eles conferida em virtude do sacrifício redentor de Cristo, sem adesão externa à Igreja mas sempre, todavia, em relação com ela (cf. Redemptoris Missio, 10). Trata-se de uma “misteriosa relação”: misteriosa para aqueles que a recebem, porque esses não conhecem a Igreja e ao contrário, todavia, a rejeitam; misteriosa também em si mesma porque ligada ao mistério salvífico da graça, que comporta uma referência essencial à Igreja fundada pelo Salvador.
Com este texto de João Paulo II, e outros do Magistério da Igreja, concluímos que está CORRETÍSSIMO afirmar que FORA DA IGREJA NÃO HÁ SALVAÇÃO. Mas o ponto seguinte do debate é o que interessa do ponto de vista hermenêutico: O QUE É A IGREJA? Se a consideramos somente uma BARCA INSTITUCIONAL, então quem estiver inscrito na INSTITUIÇÃO se salva… os outros não. Algumas igrejas evangélicas também caem neste erro de alguns tradicionalistas católicos. Isto não é DOGMA da Igreja Católica. A Igreja vai além de sua dimensão visível, institucional. Ela é MISTÉRIO; é SACRAMENTO UNIVERSAL DE SALVAÇÃO (Lumen Gentium). Neste sentido é preciso entender as diversas figuras da Igreja: videira, luz, sacramento, corpo místico etc. Se reduzirmos a Igreja a um dos Modelos cairemos inevitavelmente em um reducionismo e interpretaremos de modo equivocado do EXTRA ECCLESIAM NULLA SALUS. Para isso é importante estudar teologia antes de emitir opiniões subjetivas ou ideológicas em sites da Internet, confundindo os irmãos mais frágeis na fé.
Posto a íntegra da mensagem de João Paulo II:
GIOVANNI PAOLO II
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 31 maggio 1995

1. Le difficoltà che talora accompagnano lo sviluppo dell’evangelizzazione pongono in luce un problema delicato la cui soluzione non va cercata in termini puramente storici o sociologici: il problema della salvezza di coloro che non appartengono visibilmente alla Chiesa. Non ci è data la possibilità di scrutare il mistero dell’azione divina nelle menti e nei cuori, per valutare la potenza della grazia di Cristo nel prendere possesso, in vita e in morte, di quanti “il Padre gli ha dato”, e che Egli stesso ha proclamato di non voler “perdere”. Lo sentiamo ripetere in una delle letture evangeliche proposte per la Messa dei defunti (cf. Gv 6, 39-40).
Ma, come ho scritto nell’Enciclica Redemptoris Missio, non si può limitare il dono della salvezza “a coloro che, in modo esplicito, credono in Dio e sono entrati nella Chiesa. Se è destinata a tutti la salvezza deve essere messa in concreto a disposizione di tutti”. E, ammettendo che è concretamente impossibile per tanta gente accedere al messaggio cristiano, ho aggiunto: “Molti uomini non hanno la possibilità di conoscere o di accettare la rivelazione del Vangelo di entrare nella Chiesa. Essi vivono in condizioni socio-culturali che non lo permettono, e spesso sono stati educati in altre tradizioni religiose” (Redemptoris Missio, 10).
Dobbiamo riconoscere che per quanto rientra nelle umane capacità di previsione e di conoscenza questa impossibilità pratica sembrerebbe destinata a durare ancora a lungo forse anche fino al compimento finale dell’opera di evangelizzazione. Gesù stesso ha ammonito che solo il Padre conosce “i tempi e i momenti” da lui fissati per l’instaurazione del suo Regno nel mondo (cf. At 1, 7).
2. Quanto sopra ho detto non giustifica però la posizione relativistica di chi ritiene che in qualsiasi religione si possa trovare una via di salvezza, anche indipendentemente dalla fede in Cristo Redentore, e che su questa ambigua concezione debba basarsi il dialogo interreligioso. Non è qui la soluzione conforme al Vangelo del problema della salvezza di chi non professa il Credo cristiano. Dobbiamo invece sostenere che la strada della salvezza passa sempre per Cristo, e che quindi spetta alla Chiesa e ai suoi missionari il compito di farlo conoscere ed amare in ogni tempo, in ogni luogo e in ogni cultura. Al di fuori di Cristo non “vi è salvezza”. Come proclamava Pietro davanti al Sinedrio, fin dall’inizio della predicazione apostolica: “Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12).
Anche per coloro che senza loro colpa non conoscono Cristo e non si riconoscono cristiani, il piano divino ha predisposto una via di salvezza. Come leggiamo nel Decreto conciliare sull’attività missionaria Ad Gentes, noi crediamo che “Dio, attraverso le vie che lui solo conosce può portare gli uomini che senza loro colpa ignorano il Vangelo” alla fede necessaria alla salvezza (Ad Gentes, 7). Certo, la condizione “senza loro colpa” non può essere verificata né apprezzata da una valutazione umana, ma deve essere lasciata unicamente al giudizio divino. Per questo nella Costituzione Gaudium et Spes il Concilio dichiara che nel cuore di ogni uomo di buona volontà “opera invisibilmente la grazia”, e che “lo Spirito Santo dà a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, col Mistero pasquale” (Gaudium et Spes, 22).
3. E importante sottolineare che la via della salvezza percorsa da quanti ignorano il Vangelo non è una via fuori di Cristo e della Chiesa. La volontà salvifica universale è legata all’unica mediazione di Cristo. Lo afferma la Prima Lettera a Timoteo: “Dio nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio, e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1 Tm 2, 3-6). Lo proclama Pietro quando dice che “in nessun altro c’è salvezza”, e chiama Gesù “testata d’angolo” (At 4,11-12), ponendo in evidenza il ruolo necessario di Cristo a fondamento della Chiesa.
Questa affermazione della “unicità” del Salvatore trae la sua origine dalle stesse parole del Signore, il quale afferma di essere venuto “per dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45), cioè per l’umanità, come spiega San Paolo quando scrive: “Uno è morto per tutti” (2 Cor 5, 14 cf. Rm 5, 18). Cristo ha ottenuto la salvezza universale con il dono della propria vita: nessun altro mediatore è stato stabilito da Dio come Salvatore. Il valore unico del sacrificio della Croce deve essere sempre riconosciuto nel destino di ogni uomo.
4. E siccome Cristo opera la salvezza mediante il suo mistico Corpo, che è la Chiesa, la via di salvezza è essenzialmente legata alla Chiesa. L’assioma extra Ecclesiam nulla salus – “fuori della Chiesa non c’è salvezza” –, enunciato da San Cipriano (Epist 73,21: PL 1123 AB), appartiene alla tradizione cristiana ed è stato inserito nel Concilio Lateranense IV (Denz.-S. 802), nella bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII (Denz.-S. 870) e nel Concilio di Firenze (Decretum pro Jacobitis, Denz.-S. 1351).
L’assioma significa che per quanti non ignorano che la Chiesa è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria c’è l’obbligo di entrare e di perseverare in essa al fine di ottenere la salvezza (cf. Lumen Gentium, 14). Per coloro che invece non hanno ricevuto l’annunzio del Vangelo, come ho scritto nell’Enciclica Redemptoris Missio, la salvezza è accessibile attraverso vie misteriose in quanto la grazia divina viene loro conferita in virtù del sacrificio redentore di Cristo, senza adesione esterna alla Chiesa ma sempre, tuttavia, in relazione con essa (cf. Redemptoris Missio, 10). Si tratta di una “misteriosa relazione”: misteriosa per coloro che la ricevono, perché essi non conoscono la Chiesa e anzi, talvolta, esternamente la respingono; misteriosa anche in se stessa perché legata al mistero salvifico della grazia, che comporta un riferimento essenziale alla Chiesa fondata dal Salvatore.
La grazia salvifica, per operare, richiede un’adesione, una cooperazione, un sì alla divina donazione: e tale adesione è, almeno implicitamente, orientata verso Cristo e la Chiesa. Perciò si può dire anchesine Ecclesia nulla salus – “senza la Chiesa non c’è salvezza” –: l’adesione alla Chiesa-Corpo mistico di Cristo, per quanto implicita è appunto misteriosa, costituisce una condizione essenziale per la salvezza.
5. Le religioni possono esercitare un influsso positivo sul destino di chi ne fa parte e ne segue le indicazioni con sincerità di spirito. Ma se l’azione decisiva per la salvezza è opera dello Spirito Santo dobbiamo tener presente che l’uomo riceve soltanto da Cristo, mediante lo Spirito Santo, la sua salvezza. Essa ha inizio già nella vita terrena, che la grazia, accettata e corrisposta, rende fruttuosa, in senso evangelico, per la terra e per il cielo.
Di qui l’importanza del ruolo indispensabile della Chiesa, la quale “non è fine a se stessa ma fervidamente sollecita di essere tutta di Cristo, in Cristo e per Cristo, e tutta degli uomini, fra gli uomini e per gli uomini”. Un ruolo che non è dunque “ecclesiocentrico” come a volte si è detto: la Chiesa non esiste infatti né lavora per se stessa, ma è al servizio di una umanità chiamata alla filiazione divina in Cristo (cf. Redemptoris Missio, 19). Essa esercita perciò una mediazione implicita anche nei confronti di quanti ignorano il Vangelo.
Ciò non deve però portare alla conclusione che la sua attività missionaria sia in tali circostanze meno necessaria. Tutt’altro. In effetti chi ignora Cristo, pur senza sua colpa, viene a trovarsi in una condizione di oscurità e di carestia spirituale con riflessi negativi spesso anche sul piano culturale e morale. L’azione missionaria della Chiesa può procurargli le condizioni di pieno sviluppo della grazia salvatrice di Cristo, proponendo l’adesione piena e consapevole al messaggio della fede e la partecipazione attiva alla vita ecclesiale nei sacramenti.
Questa è la linea teologica tratta dalla tradizione cristiana. Il magistero della Chiesa l’ha seguita nella dottrina e nella prassi come via segnata da Cristo stesso per gli Apostoli e per i missionari di tutti i tempi.

Pe. Joãozinho, SCJ

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